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Non amo definire o spiegare il mio modo di dipingere.
Dico solo che lo faccio quando sensazioni, ricordi, immaginazione, mi suggeriscono di farlo.
Potrei inventare sillogismi, come spesso fanno gli imbonitori televisivi, per giustificare e vendere
macchie di colore o vernici rovesciate inavvertitamente dai barattoli.
Potrei inventare storie di “ricerca pittorica” mai avvenuta.
In un mondo dove si compra in quadro come se fosse un fustino di detersivo, solo perché
“quello della televisione” ha detto che aumenterà di prezzo o che quel tal pittore sarà l’erede
di Picasso, tutto è possibile.
 
Preferisco, onestamente, dire la verità per giustificare le mie scelte.
Sono un figurativo o se preferite neo-figurativo (le definizioni spesso non hanno senso), uso molto il “nero” per dare forma alle mie immagini.
Il “nero” che, per me, è l’imperscrutabilità femminile, l’impenetrabilità, il mistero sotto al quale c’è la magia, la seduzione della donna.
Il “nero” che uso per l’uomo è anche mistero, ma spesso solo presenza o testimonianza.
Cerco di dare significato ed interpretazione ad un colore che, nel linguaggio scientifico, se adoperato per dipingere una persona si dice che è: -“un corpo che assorbe integralmente la radiazione luminosa che lo investe e non trasmette” io spero e mi auguro, invece, di riuscire a dare con il mio lavoro “la radiazione visibile che lo investe senza alterarne la composizione cromatica” come lo può dare il “bianco”.
Sto diventando anch’io imbonitore. Smetto.
Se vi piacciono o vi incuriosiscono i miei lavori, bene, altrimenti cliccate da un’altra parte. Ne avete facoltà.
Grazie comunque di aver avuto la pazienza di leggermi. Aloha.